Lo Zar ha giurato sulla Costituzione mentre Biden bacchetta Israele e condanna i movimenti antisemiti
Martedì 7 aprile, Putin ha prestato giuramento sulla Costituzione, insediandosi per il quinto mandato come presidente della Federazione Russa, raggiungendo i 24 anni di potere; più di due decenni che hanno plasmato una Russia di stampo autocratico, ad immagine e somiglianza del suo governante. Il mandato dello Zar terminerà nel 2030 quando Putin avrà 78 anni e, dunque, avrà superato di molto l’aspettativa di vita russa che arriva a malapena a 60 anni.
Putin ha ormai 71 anni ma sembra non accusare segni di stanchezza, al contrario dell’Occidente che – a suo dire – è sempre più provato dalla guerra in Ucraina, i cui esiti incerti rallentano l’avvio della fase negoziale, che sarà “stimolata” dallo Zar, solo se i paesi occidentali tratteranno con la Russia «senza arroganza, boria e sensi di superiorità».
Un po’ più a est, verso Rafah, la situazione è rovente ma a ben interpretare le parole del portavoce americano John Kirby sembra che ci sia spazio per una possibile intesa tra le parti.
L’esercito israeliano ha preso il controllo del valico di Rafah, avviando una operazione di terra che mira a bloccare il traffico di armi a Gaza, mentre Netanyahu – il premier israeliano – ha dichiarato che l’obiettivo dell’operazione è annientare Hamas in modo che non possa più ricostruire le proprie capacità militari.
Nel frattempo, gli Stati Uniti - per bocca di Biden - mandano un duplice messaggio. Il primo è indirizzato allo Stato Ebraico: Israele non può superare certe regole d’ingaggio, soprattutto ora che ha avviato l’offensiva di terra a Rafah, rifugio di almeno 1 milione di sfollati. Per rafforzarne il concetto, gli americani hanno sospeso l’invio di un carico di armi che, secondo fonti riservate, si componeva di 1.800 bombe da 900 chilogrammi e 1.700 bombe da 230 chili.
Il Gabinetto di guerra Israeliano minimizza l’accaduto e assicura che l’operazione di terra sarà piuttosto limitata non portando allo strappo dei rapporti con l’alleato americano.
Il secondo messaggio è diretto alla società civile occidentale che in modo evidente sta dando vita ad atteggiamenti antisemiti, per mezzo di proteste e manifestazioni di piazza. Nelle ultime settimane abbiamo osservatole tante, troppe contestazioni nelle università europee e americane da parte di studenti (e non solo) che faticano a differenziare i concetti di popolo e di gruppo terroristico, intrecciandone i destini e le richieste politiche.
Beninteso, il Diritto Internazionale Umanitario, che disciplina la protezione delle vittime di guerra, è sacro. Ma è bene non mettere sullo stesso piano gli interessi di Hamas, che è una organizzazione terroristica con quelli del popolo palestinese, che è prigioniero dei terroristi e vittima della guerra, tanto quanto lo sono i civili israeliani presi in ostaggio dal gruppo fondamentalista.