Situazione in Medio Oriente in via di miglioramento. Dall’America una pioggia di soldi e aiuti militari agli alleati aggrediti
Sembra che i rapporti in Medio Oriente stiano cambiando, dopo che, per la prima volta in 45 anni, Iran e Israele hanno compiuto attacchi diretti alla controparte. Questo tipo di aggressioni, invece che scaldare ulteriormente gli animi, ha portato a una de-escalation del conflitto, ovvero a un allentamento delle tensioni, perché, tutte le parti in causa sanno che non ci si può permettere un’altra guerra su larga scala nella Regione. Rimangono incessanti le forti pressioni diplomatiche globali, che tramite funzionari governativi predicano calma e massima razionalità, da ambo le parti.
Dagli Stati Uniti è giunta la notizia che la Camera ha approvato un pacchetto di aiuti da 95 miliardi di dollari per supportare le politiche militari difensive dell’Ucraina, di Israele e di Taiwan. Fautore di una così abile manovra diplomatica è stato Mike Johnson, già avvocato di Donald Trump e, in modo evidente, anche capacissimo mediatore tra le file dei repubblicani. Johnson ha portato a termine una opera di mediazione tra Biden e Trump, in sostegno di Zelensky, negoziando tra parlamentari democratici e repubblicani, fortemente barricati dietro le loro posizioni di ostracismo verso un nuovo pacchetto di aiuti all’Ucraina. La Russia risponde alla delibera americana solo a parole, per ora, tramite la dichiarazione di Dmitrij Peskov, portavoce del Cremlino: “Le forze armate russe coinvolte nell’operazione militare speciale stanno migliorando le loro posizioni; [...] il denaro stanziato e le armi consegnate con questi soldi non cambieranno tale dinamica”.
La Russia ha anche un interesse strategico in Medio Oriente, dopo aver passato anni a tessere le fila con i governi autocratici locali, costruendosi il ruolo di “potenza amica anti-occidentale” nonché alternativa credibile agli Stati Uniti, che al contrario, cercano da tempo di distaccarsi da un ruolo operativo nella regione.
Il sostegno incondizionato di Washington a Israele ha portato al culmine le ostilità nei confronti della politica americana e ha innescato una crisi di legittimità che minaccia il primato statunitense nella regione.
«La portata di questa rabbia popolare è stata evidente con il disimpegno di un gran numero di giovani cooperanti (nelle ONG) e attivisti sostenuti dagli Stati Uniti, un complesso network costruito in decenni di diplomazia pubblica».