Italia, Francia e Germania delineano la futura politica industriale dell’Unione Europea. Gli italiani cambiano abitudini finanziarie: vediamole insieme
Con la Francia e i francesi ci siamo spesso scontrati, anche digitalmente in questa newsletter. Qualche lettore ricorderà certamente il pesante j’accuse del Ministro degli Interni francese - Darmanin - contro Giorgia Meloni, in tema di migranti. E le dure repliche dell’establishment italiano.
A margine del terzo trilaterale tra Francia, Germania e Italia in materia di politica industriale e competitività, che ha visto la partecipazione dei ministri Le Maire, Habeck e Urso, ci troviamo a condividere la posizione francese. Prima di svelarla, però, facciamo un passo indietro.
I tre ministri si sono incontrati l’8 aprile alle porte di Parigi, a Meduon, un paese dalle medie dimensioni e famoso per il suo Osservatorio astronomico. L’obiettivo del trilaterale è stato quello di limare le posizioni, di trovare terreno fertile e condiviso su cui ergere la futura politica industriale e competitiva dell’Unione Europea; per poi trasmettere quanto deliberato al nuovo Parlamento e alla nuova Commissione che, di qui a poche settimane, si insidieranno a Strasburgo e Bruxelles.
Sono state delineate tre direttrici che serviranno da carburante per alimentare il motore europeo, uscito malconcio dagli anni pandemici.
Il reale potenziale innovativo e tecnologico europeo è parte integrante di un motore ingolfato, dove bravi meccanici provano a mettere mano e, in questo caso, hanno l’obbligo di riassestarlo perché Cina e Stati Uniti corrono forte, senza guardarsi indietro o preoccuparsi degli altri. Serve, secondo i ministri, semplificare la burocrazia europea, eliminandone i costi superflui; promuovere investimenti pubblici e privati che favoriscano lo sviluppo tecnologico e proseguire con la transizione digitale e verde ma mettendo al centro del suo sviluppo il know-how europeo, senza assoggettarsi a questo o quell’altro attore, per favore economico o per necessità di materie prime. E qui, tornando alle parole scritte nel primo capoverso, ci troviamo d’accordo con il francese Le Maire: «Dobbiamo mostrare i denti di fronte ad avversari economici - ovvero Cina e Stati Uniti - che non ci faranno assolutamente nessun favore nel XXI secolo», a prescindere dalle alleanze che ci uniscono, politiche e militari, perché questa è un’altra partita dove si parla del futuro dell’Italia e dell’Europa, di casa nostra e dei nostri figli.
Qualche nota sull’economia italiana desideriamo aggiungerla: su auto e risparmi. La tendenza degli italiani, nell’ultimo mese, è quella di preferire l’acquisto di veicoli usati rispetto ai nuovi, perché del futuro dell’automotive non v’è certezza; cresce anche il mercato dell’elettrico di seconda mano, del 48%, secondo dati del Corriere Economia.
L’incertezza in cui viviamo spinge a scelte conservative, a risparmiare nel concreto. Gli italiani si confermano grandi risparmiatori ma con una verve rinnovata verso gli investimenti, assolutamente appropriata in un periodo di inflazione come quello corrente. Sono le prime conclusioni inserite nel Rapporto Assogestioni-Censis, presentato al Salone del Risparmio di Milano questa settimana. Le evidenze mostrano come nel 2019, “gli aspiranti acquirenti di titoli di debito pubblico italiano erano il 16,5%, oggi rappresentano il 41,3%.